Inside Kazula

Il rumore dell'automobile che arresta la sua corsa nel parcheggio della villetta crea in Ursula un moto di eccitazione senza pari. Si liscia le pieghe della gonna a cono dell'abito con motivo a pois e con un tacchettare di passi rapidi si avvicina alla porta in attesa.

Il campanello suona - Sei tu tesoro?

Dall'altro lato una voce pronta e lesta nel rispondere, come per uno strano rituale che si ripete da giorni - Si, sono il tuo signor Mori.

Una rapida sistemata ai capelli biondi ricci, freschi di ferro e Ursula apre la porta all'uomo asiatico che ha deciso di sposare ormai anni fa. Kazehaya fa il suo ingresso in modo plateale, posando la valigetta e il soprabito sulla panca all'ingresso.

Ursula si piega per stampare un sonoro bacio sulla guancia del consorte e con un sorriso affabile lo invita ad accomodarsi sulla sua poltrona preferita. Alle spalle la libreria dell'occulto svetta su tutto il resto del mobilio, con tomi di ogni provenienza. Dalla cucina esala un intenso profumo di procione arrosto.

La tua pipa, tesoro - L'angelo del focolare, Ursula, porge a Kazehaya la sua pipa preferita, con l'astuccio del tabacco - Oggi la vicina ha potato il prato, ha fatto chiasso per tutto il giorno. Lei e quei bambini, sono delle pesti - Una situazione che pare infastidirla parecchio.

E' stata una giornata intensa anche per me - chiosa l'orientale, sfiorandosi la punta della barbetta rada sotto il mento - L'ultimo caso di cui mi sto occupando prevede lunghe indagini, devo raccogliere le testimonianze di molte persone. Queste dicerie, su una luna piena rosso sangue che istigherebbe all'odio, stanno serpeggiando con troppa insistenza - riempie sapientemente la pipa, prima di accenderla e dare qualche boccata.

Ursula si è sistemata in piedi, come una moglie modello, accanto all'altra poltrona. La mano appoggiata sullo schienale picchietta con le dita impaziente e Kazehaya ben conosce il motivo di quel nervosismo.

Il dottor Carter-Lee dice che è ancora negativo vero? - Domanda l'asiatico con un che di vagamente triste.

Si, non capisco - Replica Ursula, allungando le dita dalle unghie tinte di rosso a infastidire una ciocca dei boccoli biondi - Sono mesi che ci proviamo, ma non riusciamo a... ecco - Sospira, singhiozza, qualche lacrima scende lungo la guancia, lacrima che provvede subito a cancellare, sforzandosi di sorridere empatica - Non arriva, per quanto ci proviamo non arriva.

Kazehaya riflette, inspira una grossa boccata di fumo, non sa bene cosa dire, ogni volta che prova a calmarla lei esplode in una invettiva furiosa contro le vicine Iris e Sam, che conducono le loro vite con una famiglia, a dire di Ursula, completa e realizzata, mentre loro non hanno ricevuto la benedizione di un pargolo. Kazehaya sorride amabile - Il profumo che viene dalla cucina è delizioso, sai come viziarmi.

Ursula non dice niente, si cuce la bocca, volta il viso offrendo uno sdegnoso profilo al marito, che si alza in piedi con un gesto di paziente indolenza e si avvicina, scoccandole un bacio sulla mano, da vero galantuomo - Se c'è ancora del tempo prima della cena potremmo... riprovare non credi?

La giovane donna si volta di scatto, le labbra rosse si sciolgono in un sorriso dolce e carico di aspettative. Afferra la mano di Kazehaya e, dopo una rampa di scale rivestite di moquette rosa confetto, raggiungono la zona notte al piano superiore.

All'interno della camera, le luci sono soffuse, Ursula lascia morbidamente la mano di Kazehaya e si trascina con fare sensuale vicino alla cassapanca ai piedi del letto. Slacciata la cerniera si sfila l'abito casalingo rivelando un intimo in pizzo bianco, Sgancia con gesti lenti le autoreggenti dalla giarrettiera e sfilate le scarpe dal tacco modesto, rimane in intimo. Si copre con le mani qua e là, arrossendo, mentre Kazehaya si avvicina, sempre di più, sempre di più...


Ursula apre gli occhi, il freddo del pianeta alieno Vardo le schiaffeggia il volto. Ancora una volta la porta della capanna lascia entrare fastidiosi spifferi. Impreca: l'aveva sistemata giusto il giorno prima.

Si tira su a sedere, si stropiccia gli occhi cibernetici e guarda accanto a sè Kazehaya, avvolto nelle pellicce, che ancora riposa. Lo fissa a lungo.

Santo cielo - Una smorfia e poi un sussurro sibilante - Carter, Lee, Reed e i loro dannati, inutili marmocchi - prima di uscire in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti.

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