Inside the Living Room
C'è una stanza che Ursula King deve visitare spesso, suo malgrado.
Un angusto salotto, con un paio di poltrone, una carta da parati troppo vecchia e ingiallita per risultare anche solo vagamente gradevole nel mondo moderno e una serie di quadri appesi tutt'intorno.
Potrebbe ristrutturarla, magari ampliarla un momento, ma il Salotto dei Ricordi si trova nella sua mente ed è uno di quegli aspetti della sua personalità non esattamente sotto il più completo controllo.
Non riesce a programmare con precisione quando recarcisi e questo la infastidisce parecchio. Ogni tanto ci si ritrova all'interno all'improvviso. La sensazione che prova è come se si risvegliasse ad un tratto e si riscoprisse a fissare uno di quei quadri accuratamente incorniciati.
La cosa peggiore è quando si ritrova seduta su una delle due poltrone e sa che presto, sull'altra, comparirà una persona del suo passato. In generale Ursula non ha problemi irrisolti con il suo passato, in generale non ha alcun problema con ciò che è stata, ciò che ha subito, le emozioni che ha provato. Sono state tutte archiviate in quest'immensa collezione di quadretti, che ogni tanto, suo malgrado, si ritrova a osservare.
Ha anche un facile strumento di controllo, spesso si è rivelato efficace. C'è un interruttore e lei sa che è sufficiente cliccarlo per ritornare a pensieri più concreti. Un gesto semplice.
Il fatto è che molte volte non ha davvero desiderio di farlo. Si sente una codarda o forse sa che tutto sommato è meglio affrontare certi pensieri quando si presentano. Anche se sembra una completa perdita di tempo, non lo è, la aiuta a mantenere una presa ben salda sui suoi interruttori mentali e soprattutto la aiuta a tenere Sandman sotto controllo.
Sandman, alias James King, alias il suo fastidioso padre.
Non riesce a odiarlo, nemmeno dopo tutto quello che le ha fatto, è solo seccata di dover passare del tempo con lui nei suoi ricordi, nella sua mente. E' infastidita che tanti quadretti contengano una sua immagine e che alcuni di questi siano delle indelebili macchie bianche, dei rari momenti felici in famiglia, momenti realmente accaduti che in quel dedalo di brutti ricordi appaiono come dei sogni impossibili.
Così almeno lei crede. Crede di non odiarlo e se ne convince.
"Ciao Sula, forza siediti"
Sandman era arrivato e come ogni volta che arrivava, si sedeva senza chiedere su una delle due poltrone proprio quando Ursula si perdeva a fissare qualcuno dei quadretti appesi. Era inutile perdere tempo, così come era inutile far notare a Sandman che il posto dove si sedeva tutte le volte era quello di Ursula. Tanto valeva assecondare quei pensieri, quei costrutti di ricordi e accomodarsi dall'altra parte.
"Sandman, da quanto tempo, a cosa devo il piacere questa volta?"
James King sembrava contrariato, fortemente contrariato e Ursula poteva sentire la sua influenza mentale estendersi verso di lei, come una mano famelica e artigliata. Ma lui non poteva toccarla e lei lo sapeva benissimo. Non aveva più potuto manipolarla dalla notte in cui era stato ucciso, dalla notte in cui Ursula lo aveva ucciso.
"Sai che non mi piace che mi chiami Sandman, non potresti chiamarmi papà?"
"Potresti chiedere a Mya, magari a lei piacerebbe chiamarti papà o chiedi a mamma, di chiamarti marito. Per quanto mi riguarda, tu sei sempre stato Sandman. Lo eri di notte, fuori e lo eri anche in casa. Un incubo ad occhi aperti"
"... E così" James non aveva ascoltato una singola parola della figlia, figlia che lo osservava fredda e spietata, al contempo annoiata e disinteressata "Prima Alice Blackwood, poi Alex Kerrigan e ora questa, come si chiama? Moira Sullivan?"
"Suvvia Sandman, ce ne sono state altre prima, molte altre e non ti ho sentito lamentarti troppo"
"Naturalmente, le altre, così come le chiami tu, erano uomini, non donne. Ma del resto che fossi una schifosa lesbica l'ho sempre saputo" James si picchiettò con l'indice scheletrico la tempia biancastra. Ursula riflettè che sembrava più morto che vivo e in effetti lo era da tempo.
"Non so quante volte te l'ho spiegato e non so nemmeno perchè continuo a spiegartelo. A me non piacciono le donne specificatamente, a me piacciono le persone, la loro personalità, la loro intelligenza, il loro carattere. Be', a me piacevano le persone, ma mi hai persuaso a cambiare idea. Comunque che cosa abbiano attorno o tra le gambe non mi è mai interessato troppo. Certo sono sensibile al gusto del bello, ma"
"Gusto del bello? Andiamo" James si era alzato in piedi, aveva aggirato la poltrona e stava ridacchiando in modo spaventosamente fastidioso, una risata graffiata e aspirata, che tradiva l'alito della morte che aveva toccato il suo spirito già da tempo. Ursula si chiedeva perchè allora spesso immaginasse queste conversazioni. James riprese.
"Sei solo una schifosa lesbica o bisessuale o non so cosa. Mi ricordo di quando ti piaceva quel ragazzo dai capelli blu, che in realtà era una femmina. Non mi ricordo che razza di cosa fosse. In ogni caso ero riuscito a correggerti"
"Si Sandman, mi ricordo, è successo molto tempo fa. Una delle tue correzioni migliori. Una delle tue ultime" Ursula sventolò una mano, come a dire che non c'erano appigli su quello, che era acqua passata. James era visibilmente irritato, irritato e contrariato di non riuscire a fare presa in nessun modo.
"E quindi, ora, questa Moira, ti piace. Vedo tutti i pensieri che ti passano per la testa, anche se cerchi di nasconderli, io li vedo. Tu e le tue perversioni"
Tutte le volte in cui arrivavano più o meno a questo punto, di una discussione, per quanto finta che fosse, Ursula si annoiava tragicamente e cominciava a guardarsi le dita con un interesse sicuramente più concreto che non quello inesistente per le parole di suo padre.
"Ehi Sula ascoltami" James si era piegato, inginocchiato e le aveva appoggiato una mano sulla gamba "Non ti ricordi di quando ti ho insegnato ad andare in bicicletta? Dai, quando abbiamo fatto una torta assieme per la mamma"
James cominciò a ripercorrere alcuni di quei pochi ricordi felici, un tentativo disperato di rivalutarsi agli occhi della figlia. Un tentativo che non poteva smuovere o incrinare un minimo il gelo che Ursula aveva nel cuore, un gelo troppo freddo per essere scalfito, ormai.
"Il tuo tempo è già accaduto è già stato speso ed è già finito, Sandman. Non c'è perdono che io possa darti, nè scuse, nè espressioni dolci e concilianti. Le risate che abbiamo condiviso, i momenti di gioia, sono solo in quei quadri. Qui, per te, per me, non c'è nient'altro" Ursula si accorse, poco prima di premere l'interruttore, che James stava piangendo, in silenzio.
... Sospirò, abbassò la mano sulla trousse di cosmetici, davanti allo specchio, Ursula King si stava preparando per una cena attesa. Aveva preso in mano il rossetto e si era fermata fissando la sua immagine riflessa. Erano passati pochi minuti. Gli occhi cibernetici scesero lungo la cornice fino a inquadrare le mani, perfette e candide. Sorrise al pensiero di ciò che l'attendeva di lì a poco e ricacciò l'idea che, forse, Sandman non era davvero morto, ma si era legato alla sua mente ed era in qualche modo sopravvissuto per tormentarla in eterno.
Mentre premette sulle labbra il rossetto, lo ricacciò ancora, quel pensiero, per l'ennesima volta.
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